Continua la mancanza di presa di responsabilità del nostro Governo sul “caso” delle bombe partite dalla Sardegna destinate dell’Arabia Saudita: fino a quanto l’esecutivo di Matteo Renzi intende mantenere l’ipocrisia su queste forniture militari che ormai tutto il mondo conosce? Non sono più accettabili giustificazioni raffazzonate: il Governo deve rendere conto al Parlamento e all’opinione pubblica delle proprie decisioni politiche.

Oggi, per l’ennesima volta il Governo italiano ha perso un’occasione per assumere la propria evidente responsabilità riguardo all’invio di bombe prodotte in Sardegna verso l’Arabia Saudita.

Dopo le esternazioni e le dichiarazioni della Ministro della Difesa Pinotti (“E’ tutto regolare…”, “Non sono ordigni italiani…”, “Si tratta solo di transito…”), le parole del Ministro Gentiloni in Parlamento (“Rispettiamo gli embarghi e convenzioni sulle armi vietate”) è stato oggi il sottosegretario Benedetto Della Vedova a rispondere in modo evasivo ad un’interrogazione urgente in materia, cercando di aggirare la questione per non entrare nel merito del problema.

Ormai tutto il mondo è al corrente, e lo ha dimostrato anche Rete Disarmo con documenti e informazioni di prima mano, che diverse forniture di bombe sono partite dalla Sardegna verso l’Arabia Saudita: si tratta di spedizioni rese possibili solo con l’autorizzazione del Governo sulle quali il ruolo del Parlamento è successivo (prende atto solo in un secondo tempo delle autorizzazioni emesse dal Governo) e in cui è irrilevante il fatto che la fabbrica in cui questi ordigni sono assemblati o fabbricati sia di proprietà tedesca.

Invece di scaricare la responsabilità sul Parlamento, i componenti dell’Esecutivo dovrebbero rivolgere precise domande su queste spedizioni all’Unità Autorizzazioni Materiali d’Armamento incardinata presso la Farnesina.

La domanda a cui il Governo di Matteo Renzi dovrebbe rispondere è una sola: chi ha autorizzato le forniture e le recenti spedizioni di bombe dall’Italia all’Arabia Saudita, Paese che sta bombardando lo Yemen senza alcun mandato delle Nazioni Unite?

Ci domandiamo fino a che punto il nostro Governo abbia intenzione di fingere agli occhi del mondo confermando nei fatti di non voler chiarire la questione e richiamando, nelle risposte ufficiali, vaghi riferimenti alla normativa nazionale e internazionale. Riferimenti che peraltro appaiono non pertinenti, come abbiamo già avuto modo di sottolineare. Ci domandiamo se i ministri del Governo stiano consapevolmente svicolando dalla questione o se non conoscano la normativa sull’esportazione di armi: situazione grave in qualsiasi caso.

La Legge italiana (numero 185 del 1990) non solo richiede di tenere in considerazione gli embarghi dell’Onu o dell’Unione Europea, ma vieta espressamente non solo l’esportazione, ma anche il solo transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento “verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere". (art. 1. c 6a) e "verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione" (art.1. c6b).

La questione fondamentale è dunque questa: c’è una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che abbia dato mandato alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita ad intervenire militarmente in Yemen o c’è una decisione del parlamento che confermi una deliberazione del CDM a riguardo? No, non c’è: l’Arabia Saudita ha solamente annunciato all’Onu che sarebbe intervenuta militarmente in Yemen ma non ha mai richiesto alcun mandato per farlo.

In mancanza di questo esplicito mandato continuare ad inviare bombe e sistemi militari all’Arabia Saudita è una chiara decisione politica del Governo Renzi, che se ne deve assumere tutta la responsabilità.

Il sottosegretario Della Vedova, che nella risposta di oggi ha fatto riferimento a norme europee, dovrebbe poi sapere bene che la Posizione Comune 2008/204/CFSP non essendo una direttiva, non ha valore vincolante e non prevede sanzioni. Richiede ai Paesi membri di verificare il rispetto degli otto criteri, ma la decisione finale nell’autorizzazione all’esportazione e all’invio di armamenti è di competenza dei singoli governi, in base alle proprie leggi nazionali. Non è quindi appropriato far riferimento alla Posizione Comune per giustificare la continua fornitura di bombe aeree alle forze armate dell’Arabia Saudita. Si dovrebbe invece valutare anche la situazione dei diritti umani e del rispetto delle convenzioni internazionali da parte dell’Arabia Saudita, paese nel quale - come riportano tutte le organizzazioni internazionali - persistono gravi e reiterate violazioni dei diritti umani, tra cui incarcerazioni immotivate, la tortura e la pena di morte attuata anche con decapitazione e crocifissione in pubblico. Considerazioni ancora più forti a pochi giorni dal 10 dicembre, Giornata Internazionale dei Diritti Umani.

 

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Le precedenti prese di posizione di Rete Disarmo su questo tema:

Bombe italiane all’Arabia Saudita: inaccettabile che per la Min. Pinotti sia “tutto regolare", 20 novembre 2015;

Ancora bombe italiane in Arabia Saudita? Il Governo le fermi, 18 novembre 2015;

Renzi in Arabia Saudita: dichiari la sospensione dell’invio di armamenti e chieda il rispetto dei diritti umani, 09 novembre 2015;

L’Italia spedisce bombe in Arabia Saudita nel giorno in cui l’UE premia il prigioniero di coscienza saudita Raif Badawi, 30 ottobre 2015;

Conflitto in Yemen: l’Italia sospenda l’invio di bombe e sistemi militari alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita, 02 settembre 2015;