Le spese militari mondiali sembrano diminuire, ma al tempo stesso ci offrono un quadro preoccupante. Da un lato si contraggono, ma dall’altro crescono.

La spesa militare mondiale nel 2014, infatti, è stata di 1.800 miliardi di dollari e mostra una riduzione dello 0,4% in termini reali rispetto al 2013, secondo il nuovo report dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), appena pubblicato.

Per il terzo anno consecutivo la spesa militare mondiale diminuisce sempre a seguito delle riduzioni negli Stati Uniti e in Europa occidentale, mentre aumentano in Asia e Oceania, Medio Oriente, Europa orientale e Africa.

La spesa militare degli Stati Uniti è scesa del 6,5% e, in particolare, è diminuita del 20% rispetto al picco del 2010. Ciò non toglie che l’attuale spesa militare statunitense sia il 45% in più rispetto al 2001, cioè di poco prima degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001.

Si nota un incremento significativo nelle spese militari di Cina, Russia e Arabia Saudita, per la quale ultima è addirittura del 17%.

L’effetto del conflitto in Ucraina ha spinto molti paesi europei confinanti con la Russia, dell’Europa centrale, nonché i Paesi baltici e nordici ad aumentare la loro spesa militare, spesso cambiando le loro previsioni e invertendo le precedenti tendenze al ribasso. I paesi dell’Europa occidentale, nonostante la richiesta della NATO di destinare il 2% del PIL alle spese militari, non sembrano operare in tal senso. I cinque paesi dell’Europa occidentale con le maggiori spese per la difesa - Francia, Regno Unito, Germania, Italia e Spagna – hanno introdotto nuove, anche se modeste riduzioni per il 2015. Solo la Germania ha annunciato l'intenzione di aumentare la propria spesa a medio termine.

L'Ucraina ha aumentato la spesa di oltre il 20% nel 2014, prevedendone il raddoppio nel 2015 già prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Peraltro, il bilancio militare russo iniziale 2015 è stato ridotto del 5% a causa di minori introiti connessi alla caduta dei prezzi del petrolio della fine del 2014. 

La spesa militare in Asia e Oceania è aumentata del 5% nel 2014, raggiungendo 439 miliardi dollari, incremento dovuto soprattutto alla Cina (+9,7%) con circa 216 miliardi dollari. Ha aumentato la spesa pure l'Australia (+6,7%), come anche la Corea del Sud e l’India (rispettivamente +2,3% e +1,8%), mentre la spesa in Giappone è rimasta la stessa. Il Vietnam, in tensione con la Cina per dispute territoriali nel Mar Cinese Meridionale, ha aumentato la propria spesa del 9,6%. Viceversa, l’Indonesia ha interrotto la pluriennale tendenza al rialzo, attuando una riduzione del 10% nel 2014.

Nell’America Latina, il Brasile l’ha leggermente diminuita, mentre ben maggiore è stata la contrazione in Venezuela (-34%). Il Messico, invece, l’ha incrementata dell’11% a causa della guerra contro il narcotraffico.

Le spese militari in Africa sono aumentate del 5,9%, in particolare in Algeria e Angola, rispettivamente con 12% e 6,7%.

Un quadro con luci ed ombre inquietanti soprattutto rispetto all’area asiatica, che non può essere sottovalutata, in relazione non solo alle dispute nel Mar Cinese meridionale, ma anche nel quadro degli equilibri internazionali tra Usa e Pechino. I 5 miliardi di dollari al giorno spesi nel mondo per la difesa non possono non farci riflettere ancora una volta sul possibile riutilizzo di tali cifre in ambito civile al fine di contrastare le emergenze planetarie, dalla fame al surriscaldamento, dall’inquinamento all’istruzione.

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Maurizio Simoncelli
Vicepresidente
Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo (IRIAD)